L’emigrazione piemontese ha una storia millenaria, iniziata a partire dalle zone montane. In epoca preunitaria si avevano insediamenti mercantili a Londra e a Parigi; nel settore creditizio le casane, vere e proprie banche, astigiane erano tenute dalle principali famiglie Alfieri, Asinari, d’Antignano, De Beccaris, Bergognini, Garetti, Malabaila, Di Montafia, De Montemagno, Ottini, Pallio, Pelletta, Scarampi.
Tra i secoli XIII e XV nella città di Colonia, in Germania, fu molto attiva una colonia astigiana. I membri delle famiglie Feminis e Farina furono gli inventori dell’Acqua mirabilis, che diventerà famosa come acqua di Colonia.
Nella prima metà del Cinquecento giunsero gli artigiani italiani che operavano nella produzione e fusione del peltro (attività che per quattro secoli fu monopolio degli artigiani della Val Strona), o che svolgevano i mestieri di merciaiuoli, ombrellai, saltimbanchi, manovali e muratori, stuccatori e falegnami, avventurieri, balie e operaie.
A partire dal Seicento architetti, artigiani, artisti e musicisti italiani parteciparono alla cultura e alla costruzione delle grandi città europee da Vienna a Stoccarda e a Wütrzburg. Il primato italiano si ha nell’architettura e nell’ingegneria militare: fino alla seconda metà del Seicento costruiranno fortezze sia in Europa sia nell’America spagnola.
Gli spostamenti temporanei degli emigranti in partenza dalle Alpi fin dal secolo XVI, e quelli più lunghi a partire dal XVIII secolo, possono essere considerate migrazioni circolari guidate dalle professioni artigiane. L’emigrazione dalle comunità alpine piemontesi è stata parte integrante di una economia fondata sulla pluriattività e sul ricorso a redditi procacciati al di fuori della comunità di appartenenza. Gli emigranti in partenza erano pressoché esclusivamente di sesso maschile. A lungo le donne coinvolte nei fenomeni migratori, definite “le custodi della montagna”, ebbero la funzione di mantenere e organizzare la famiglia transnazionale restando in patria.